Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso i cui
uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato;
   Contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente
pro  tempore  della  Giunta  regionale,  per  la  declaratoria  della
illegittimita'  costituzionale  in parte qua della legge regionale 18
dicembre  2007,  n. 29,  pubblicata  nel Bollettino ufficiale Regione
Friuli-Venezia  Giulia  n. 52 del 27 dicembre 2007, recante norme per
la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana.
   La   presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio  dei  ministri  nella  riunione  del  14  febbraio 2008 (si
depositeranno   estratto   del   verbale  e  relazione  del  ministro
proponente).   Infatti   la   legge   in   esame  presenta  evidenti,
macroscopici profili di illegittimita' costituzionale.
   Con  la  legge regionale in esame la Regione Friuli Venezia Giulia
ha  dettato  norme  per  la tutela, la valorizzazione e la promozione
della lingua friulana.
   Il Capo I contiene disposizioni generali. In particolare:
     l'art.  1  definisce  la finalita' della legge e l'impegno della
regione  a  svolgere  una politica attiva di conservazione e sviluppo
della cultura e delle tradizioni della comunita' friulana;
     l'art.   2   richiama   i   riferimenti  giuridici  fondamentali
(internazionali, statali e regionali) del provvedimento;
     l'art.  3  definisce  l'ambito territoriale in cui si applica la
legge;
     l'art.  4  contempla  la  possibilita'  di  collaborare  con  le
istituzioni  delle diverse comunita' di lingua ladina del Veneto, del
Trentino-Alto  Adige  e  del  Cantone  dei  Grigioni,  nonche' tra le
minoranze linguistiche interne (slovena, friulana e germanofona);
     l'art.  5  conferma  la  grafia ufficiale della lingua friulana,
prevedendo  che  possa  essere  modificata con decreto del Presidente
della  regione,  su  indicazione dell'ARLeF (Agenzia regionale per la
lingua friulana) e d'intesa con le Universita' di Udine e Trieste.
   Il  Capo  II  riguarda  l'uso  pubblico  della lingua friulana, in
particolare:
     l'art. 6 disciplina gli usi pubblici della lingua friulana;
     l'art.  7  prevede  che  la conoscenza della lingua friulana sia
attestata  da  una  «certificazione  linguistica»,  con  modalita' da
stabilirsi;
     l'art.  8 prescrive che gli atti comunicati alla generalita' dei
cittadini  dai  soggetti  previsti all'art. 6 siano redatti in lingua
friulana;
     l'art.  9  stabilisce il diritto di usare la lingua friulana nei
consigli comunali e negli altri organi collegiali dei comuni;
     l'art.  10  disciplina,  nell'ambito  del territorio delimitato,
l'uso  della  cartellonistica  in lingua friulana, concedendo quattro
anni per adeguarsi;
     l'art.  11  affronta  il  problema della toponomastica in lingua
friulana,  stabilendo che i toponimi siano indicati dalla Regione, su
proposta dell'ARLeF, d'intesa con i comuni interessati.
   Il  Capo III definisce gli interventi nel settore dell'istruzione;
in particolare:
     l'art.  12  inserisce  l'apprendimento  e  l'insegnamento  della
lingua  friulana nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di
l  grado,  situate  nei  comuni delimitati ai sensi dell'art. 3 della
legge all'esame. Su richiesta dell'istituzione scolastica i genitori,
al  momento  della  preiscrizione,  possono decidere di non avvalersi
della lingua friulana;
     l'art. 13 definisce il quadro dei rapporti di collaborazione fra
regione,  ufficio  scolastico  regionale,  autorita'  scolastiche  ed
Universita'  di  Udine  ai  fini  delle  disposizioni contenute nella
legge;
     l'art.  14 prevede che sia garantito l'insegnamento della lingua
friulana negli istituti scolastici;
     l'art.  15  definisce il quadro dei finanziamenti regionali alle
iniziative  contemplate dalla legge e prevede un'attivita' annuale di
verifica  e valutazione dello stato di applicazione dell'insegnamento
e dell'uso della lingua friulana nelle istituzioni scolastiche;
     l'art.  16 prevede il sostegno della Regione alla produzione del
materiale didattico;
     l'art.  17 affronta il problema di come assicurare il fabbisogno
di  personale  docente competente nella lingua friulana; a tale scopo
sono previsti percorsi formativi adeguati e viene istituito un elenco
degli insegnanti abilitati all'insegnamento della lingua friulana.
   Con  l'art.  18  la  regione  si impegna ad attivare iniziative di
formazione e informazione, rivolte alle famiglie per far conoscere il
piano  di  introduzione della lingua friulana nel sistema scolastico.
La  regione, inoltre, sostiene e promuove l'insegnamento della lingua
friulana  agli  adulti, agli immigrati e alle istituzioni scolastiche
presenti nei territori non delimitati.
   Con  l'art.  19  la regione, al fine di favorire l'apprendimento e
l'uso   della  lingua  friulana  da  parte  dei  cittadini,  promuove
l'attivita' di volontariato per l'insegnamento della lingua friulana.
   Il  Capo  IV  si  occupa  di  interventi  nel settore dei mezzi di
comunicazione, in particolare:
     l'art.  20  prevede  incentivi  e  sostegni  per la produzione e
l'emissione di programmi in lingua friulana;
     con  l'art.  21 la regione incentiva le pubblicazioni scritte in
lingua friulana, l'edizione, la distribuzione e diffusione dei libri,
la  produzione  e diffusione di opere cinematografiche, teatrali e di
musica cantata in lingua friulana;
     con  l'art. 22 la regione incentiva e sostiene la presenza della
lingua   friulana   nell'ambito  delle  tecnologie  informatiche,  in
particolare su internet;
     l'art.  23  definisce  i criteri e le modalita' per l'attuazione
degli interventi di sostegno.
   Il  Capo  V  si  occupa  degli  interventi  a favore delle realta'
associative; in particolare:
     con  l'art.  24  la  regione  riconosce una speciale funzione di
servizio  ai  soggetti  pubblici  e privati che svolgono un'attivita'
qualificata e continuativa nel territorio regionale per la promozione
e la diffusione della lingua friulana.
   Il Capo VI si occupa di programmazione; in particolare:
     l'art. 25 prevede che l'ARLeF, per ogni cinque anni, proponga un
Piano  generale  di politica linguistica (PGPL) approvato con decreto
del  Presidente  della  regione,  sentita  la  competente Commissione
consiliare;
     con  l'art.  26  viene  stabilito  il  piano  delle priorita' di
intervento, contenente gli obiettivi da raggiungere nell'anno;
     con  l'art.  27 la regione, gli enti locali e i concessionari di
pubblici  servizi  approvano  ogni  cinque anni, un piano speciale di
politica  linguistica  al  fine  di stabilire i progetti obiettivo da
raggiungere annualmente nell'ambito di ogni area di intervento.
   Il Capo VII riguarda l'attuazione e la verifica:
     l'art. 28 definisce il ruolo dell'ARLeF e ne fissa i compiti;
     l'art.  29  introduce  la  clausola  valutativa, assegnando alla
Giunta  regionale  l'onere di presentare annualmente al Consiglio una
relazione  sullo stato di attuazione della legge. Inoltre ogni cinque
anni,  prima  della  presentazione  del  Piano  generale  di politica
linguistica   per   il   quinquennio  successivo,  la  Giunta  dovra'
presentare al Consiglio un rapporto sui risultati ottenuti in termini
di ampliamento dell'uso della lingua friulana;
     l'art.  30  assegna  al  Presidente  del  Consiglio regionale II
compito di convocare, una volta ogni cinque anni e comunque non oltre
i  sei mesi prima della scadenza della legislatura, una Conferenza di
verifica e proposta per esaminare lo stato di attuazione della legge.
   Il  Capo VIII contiene nell'art. 31 le norme transitorie; nell'art
39  le  norme  finali;  nell'art. 33 le abrogazioni e nell'art. 34 le
norme finanziarie.
   Tanto  premesso  sui  contenuti della legge regionale all'esame si
formulano i seguenti rilievi di incostituzionalita'.
   La  legge  regionale  in  esame,  recante  «Norme  per  la tutela,
valorizzazione  e  promozione  della lingua friulana», eccede quindi,
sotto  diversi  profili,  la  competenza  legislativa attribuita alla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  dall'art.  3  dello statuto speciale
(legge  cost.  31  gennaio  1963,  n. 1), che prevede la tutela delle
minoranze  linguistiche  presenti  nella regione, e dal d.lgs. n. 223
del  2002  che,  nel  dettare  le  «Norme di attuazione dello statuto
speciale  della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di
funzioni  in  materia  di  tutela  della lingua e della cultura delle
minoranze   linguistiche   storiche   nella  regione»,  demanda  alla
legislazione regionale l'attuazione delle disposizioni della legge 15
dicembre  1999,  n. 482,  legge  quadro che reca «Norme in materia di
tutela  delle  minoranze  linguistiche storiche» a livello nazionale,
«in attuazione dell'art. 6 della Costituzione».
   Piu'  in  particolare  le  disposizioni  regionali  che presentano
profili  di  illegittimita' costituzionale, contrastando con le norme
statutarie e costituzionali sopra richiamate, nonche' con le relative
norme di attuazione, sono le seguenti:
     1)  L'art. 6, comma 2, e l'art. 8, commi 1 e 3, nel prevedere un
obbligo  generale  per gli uffici dell'intera regione, operante anche
nelle   aree  escluse  dal  territorio  di  insediamento  del  gruppo
linguistico  friulano  (delimitato  ai sensi dell'art. 3 della stessa
legge),  di  rispondere  in friulano «alla generalita' dei cittadini»
che si avvalgono del diritto di usare tale lingua e di redigere anche
in  friulano  gli  atti  comunicati «alla generalita' dei cittadini»,
nonche' di effettuare in tale lingua la comunicazione istituzionale e
la  pubblicita'.  contrastano  con  l'art.  9,  comma  1, della legge
n. 482/1999  (attuativa  dell'art.  6  Cost.),  che circoscrive l'uso
della lingua minoritaria nei soli comuni di insediamento del relativo
gruppo linguistico.
     2)   L'art.  9,  comma  3,  stabilisce  che  «per  garantire  la
traduzione  a  coloro  che  non comprendono la lingua friulana "puo'"
essere  prevista  la  ripetizione degli interventi in lingua italiana
ovvero  il deposito contestuale dei testi tradotti in forma scritta».
Tale  disposizione  contrasta, oltre che con il piu' volte richiamato
principio  di  cui  all'art.  6  della Costituzione, anche con l'art.
7, legge n. 482/1999 che, ai commi 3 - 4 statuisce che «qualora uno o
piu'  componenti  degli  organi  collegiali  di  cui  ai  commi 1 - 2
dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela, "deve" essere
garantita una immediata traduzione in lingua italiana» e «qualora gli
atti  destinati  ad  uso  pubblico  siano  redatti  nelle due lingue,
producono  effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti
in lingua italiana».
     3)  Ulteriore  ragione  di  contrasto  dell'articolo 9, comma 3,
della   legge  regionale  all'esame  con  l'articolo  6  della  Carta
costituzionale  e  con  l'art.  8  della  citata legge n. 482/1999 il
quale, con riferimento alla possibilita' per il consiglio comunale di
pubblicare  atti nella lingua ammessa a tutela, fa tuttavia salvo «il
valore esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana».
     4)  L'art.  11, comma 5, nella parte in cui prevede che gli enti
locali  possano  adottare  l'uso di toponimi anche «nella sola lingua
friulana»  e che «la denominazione prescelta diviene la denominazione
ufficiale  a  tutti  gli  effetti»  contrasta  con l'art. 1, comma 1,
della legge  n. 482/1999, (sempre in riferimento all'articolo 6 della
Costituzione), secondo il quale «la lingua ufficiale della Repubblica
e'  l'italiano»  e  con  l'art.  10  della  stessa legge n. 482/1999,
secondo cui nei comuni di insediamento della minoranza linguistica «i
consigli  comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi
alle tradizioni e agli usi» solo «in aggiunta ai toponimi ufficiali».
La   predetta   norma   della   legge   regionale   risulta  altresi'
incompatibile   con   l'articolo   3,   secondo  comma,  della  Carta
costituzionale  per  evidente  violazione  del principio del rispetto
della eguaglianza dei cittadini del nostro Paese.
     5)  L'art.  12,  comma 3, riguardante l'apprendimento scolastico
della lingua minoritaria, prevedendo che i genitori che non intendano
far  frequentare ai propri figli l'insegnamento della lingua friulana
debbano   comunicare  espressamente  al  momento  dell'iscrizione  la
volonta'   di   non   avvalersi   dell'insegnamento  di  tale  lingua
(prefigurando   in   caso  di  mancata  comunicazione  una  sorta  di
silenzio-assenso  in  capo  agli  stessi),  comporta  sostanzialmente
un'imposizione   alle   istituzioni  scolastiche  di  impartire  tale
insegnamento,  contrastando in tal modo con i principi dell'autonomia
organizzativa  e  didattica  delle  istituzioni  scolastiche  di  cui
all'art.  21,  commi  8  e  9, legge  n. 59/1997, con quanto disposto
dall'art.  4  della  legge n. 482/1999, sempre in rapporto all'art. 6
Cost., che, nel prevedere l'insegnamento della lingua minoritaria nei
comuni   di   insediamento  della  minoranza,  demanda  all'autonomia
scolastica i tempi e le metodologie di svolgimento e, in particolare,
al  comma  5,  prevede che la manifestazione di volonta' da parte dei
genitori  consista  nell'assenso  alla  frequenza  dell'insegnamento.
L'articolo  12,  comma  3,  della  legge  regionale all'esame laddove
prevede  la  richiesta di avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento
della  lingua  friulana  non  e'  compatibile  con l'articolo 3 della
Costituzione,  configurando  un  regime  di  obbligatorieta' che puo'
interrompersi solo con la richiesta di esonero.
     6)  L'art.  14, commi 2 e 3, stabilendo che l'insegnamento della
lingua  friulana e' garantito per almeno un'ora alla settimana per la
durata    dell'anno    scolastico,   e   che   nella   programmazione
dell'insegnamento  della  lingua  friulana sono comprese le modalita'
didattiche  che assumono come modello di riferimento il metodo basato
sull'apprendimento  veicolare  integrato delle lingue, impongono alle
istituzioni  scolastiche  tempi  e modi di insegnamento, ponendosi in
tal  modo  in contrasto con i principi dell'autonomia organizzativa e
didattica delle istituzioni scolastiche di cui all'art. 21, commi 8 e
9,  legge  n. 59/1997,  e con quanto disposto dall'art. 4 della legge
n. 482/1999,  in  rapporto  all'art.  6  della Costituzione, che, nel
prevedere  l'insegnamento  della  lingua  minoritaria  nei  comuni di
insediamento  della minoranza, rinvia a tali principi circa i tempi e
le  metodologie  di svolgimento dell'insegnamento. In particolare nel
contrastare  con i principi dell'autonomia scolastica la disposizione
regionale  viola,  in  virtu'  della clausola di equiparazione di cui
all'art.  10  della  legge  cost.  n. 3  del 2001 (da applicarsi alla
Regione Friuli-Venezia Giulia che, ai sensi dell'art. 6, n. 1), dello
Statuto speciale ha in materia di istruzione competenza integrativa),
l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  che  esclude espressamente dalla
competenza   concorrente  regionale  «l'autonomia  delle  istituzioni
scolastiche».  Il  comma  3  dell'articolo  14  della legge regionale
all'esame  presenta  quindi  evidenti  criticita',  posto  che la sua
finalita'  consiste  nel  voler  imprimere  alla  lingua  friulana il
carattere di «lingua veicolare».
     7)   L'art.   18,  comma  4,  prevedendo  che  la  regione  puo'
«sostenere»   l'insegnamento   della   lingua  friulana  anche  nelle
istituzioni  scolastiche situate nelle aree escluse dal territorio di
insediamento  della minoranza friulana, contrasta con l'art. 4, commi
1 e 2, della legge n. 482/1999, attuativa (giova ribadirlo) dell'art.
6  della Carta costituzionale, che circoscrivono l'insegnamento della
lingua  minoritaria  alle scuole situate nell' ambito territoriale di
insediamento  della  minoranza. L'art. 18, comma 4, si pone dunque in
contrasto  con  il  principio  della  tutela  linguistica nell'ambito
territoriale  di  insediamento,  contenuto  nella  legge n. 482/1999,
sotto  gli evidenziati profili di illegittimita' si pone una esigenza
pressante di declaratoria di illegittimita' costituzionale al fine di
evitare  che  una  sua  anche  parziale  attuazione possa determinare
pesanti  rischi  di  discriminazione  a  carico  dei  docenti e degli
studenti  della  scuola  pubblica,  nonche'  analoghi  rischi  per  i
cittadini  nel loro rapporto con le pubbliche amministrazioni locali,
e  conseguentemente  e  inevitabilmente  anche per i dipendenti delle
stesse amministrazioni.
   Alla  luce  delle  considerazioni  sopra  svolte le sopra elencate
disposizioni censurate sono incostituzionali in quanto violano l'art.
3  dello  Statuto  speciale e gli artt. 3 e 6 Cost. nell'attuazione e
nell'interpretazione ad essi conferita dal d.lgs. n. 223/2002 e dalla
legge n. 482 del 1999.